"Esiste la violenza giusta?" - Parte Terza

Un mantra Yoga recita: "il modo in cui gli altri ti trattano fa parte del loro cammino, il modo in cui tu reagisci fa parte del tuo".

Quale miglior risposta alla domanda se esiste una violenza giusta?

Personalmente accolgo qualsiasi cultura, religione, posizione e parere perchè penso che ognuno di noi sia meritevole di essere ascoltato e soprattutto valutato; così comprendo la sofferenza di chi subisce la violenza sotto ogni veste, da quella fisica a quella verbale, comprendo la difficoltà di chi subisce ingiustizie, comprendo la difficoltà di chi assiste inerme all'avvitamento del genere umano che continua a considerare la violenza un modo di relazionarsi.

Tuttavia ci viene richiesto uno sforzo che potrebbe sembrare eccessivo se non a volte addirittura inutile, lo sforzo di capire che "la violenza nasce dentro di noi", questo è quello che chi scrive considera un passaggio fondamentale di comprensione delle relazioni; se più individui assistono ad una scena raccapricciante avranno modi diversi di reagire e questo dipende esclusivamente dal nostro vissuto sul quale dobbiamo indagare prima di puntare il dito verso il prossimo.

Proviamo a soffermarci su ogni informazione che ci giunge quotidianamente atta a creare in noi sgomento, risentimento, frustrazione ecc., proviamo ad isolarla e ad ascoltare il messaggio che ci arriva al di là dei fatti, scopriremo che possiamo lavorare sulla rabbia a condizione di non accettare di lasciarci trascinare nella spirale, spirale che conviene a chi genera violenza per il semplice interesse personale.

Il vento contrario di coloro che la considerano Utopia non deve spaventare, perchè è figlio anch'esso dell'incapacità di farci responsabili delle nostre azioni; se "vesto" di utopia ogni evento che possa migliorare la mia vita e penso, erroneamente, che dipenda solo dagli altri, declino la mia risorsa primaria che è quella di accettare di essere un ingranaggio necessario tanto quanto il prossimo.

Il vero cambiamento di prospettiva avverrà quando l'individuo si sentirà "il primo responsabile degli eventi del mondo" piuttosto di pensare che tutto dipenda solo dagli altri e specialmente da chi si trova in posizione superiore alla propria.

Torna l'affermazione di Wayne W. Dyer: "Se cambi il modo di vedere le cose, le cose che guardi cambiano (If you change the way you look at things, the things you look at change)", affermazione che ritroveremo spesso qui e là a tratteggiare il cammino del risveglio delle coscienze, cammino già iniziato da decine d'anni ma ancora troppo misconosciuto.

Allora la risposta è "Non esiste una violenza giusta" perchè:

- la violenza è sempre violenza indifferentemente da chi la mette in atto

- la violenza è sempre violenza indifferentemente dal perchè la si mette in atto

- la violenza è espressione del mio personale disagio

- la violenza è l'incapacità di parlare un'altra lingua

- la violenza è un grido disperato di chi non ha altra risorsa da mettere in atto

- la violenza è un'escalation della relazione

- la violenza è la strada di NON ritorno della relazione

Un esercizio finale per chi "agisce" la violenza con coscienza che sia un errore: il nostro cuore quando "scatta la violenza" supera i 100 battiti al minuto e da quel momento non siamo più in grado di controllare i nostri comportamenti al punto che neppure l'eventuale ammissione di colpa del confliggente è sufficiente a fermare le nostre azioni; l'unico modo è quello di fermarci, paralizzare ogni azione e attendere che i battiti cardiaci rientrino nella norma e solo così saremo nuovamente in grado di controllare i nostri istinti. (Chiedo scusa se non ricordo la fonte di questa notizia ma non è difficile considerarla probabile).

 

Wayne Walter Dyer - Psicologo statunitense 

https://it.wikipedia.org/wiki/Wayne_Walter_Dyer

 

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