"Ti faccio causa!" La Mediazione e la Giustizia

"Ti faccio causa!", un adagio che viene utilizzato con una certa facilità specialmente in Italia.

Anche nella situazione di pandemia odierna, che ha visto farsi spazio una nuova forma di discriminazione nella definizione di una minoranza attraverso il nomignolo "Novax", che dovrebbe ricomprendere tutti coloro indistintamente che hanno deciso di non vaccinarsi, questi definiti "Novax" spesso agitano la decisione di voler ricorrere in giudizio, per ragioni ormai note.

Al di là della legittimità od opportunità di tali rimostranze, quello che mi colpisce è come, in una conclamata crisi della Giustizia italiana, ci si rivolga alla possibilità di adire le vie legali in una sorta di riconoscimento di una forza che sembra definirsi "Divina", ricorrendo a soggetti, i Giudici, che si pensa essere di fatto depositari di un mandato di "infallibilità".

Si sente spesso parlare di aleatorietà del giudizio ma nonostante ciò sono ancora tanti quelli che credono che entrando nel Palazzo di Giustizia troveranno Giustizia e una sentenza a proprio favore che rispetti le proprie richieste ed aspettative.

Purtroppo si sa che le aspettative sono appunto un desiderata, qualcosa che aspichiamo accada ma che deve essere confermato dai fatti.

Continuiamo a vedere il Giudice come colui che può con una virtuale sciabola separare il giusto dall'ingiusto e aiutarci a prevalere sul prossimo in conflitto.

Purtroppo la realtà è un'altra e, a modesto parere del sottoscritto, ci si dimentica quanto la Giustizia sia attratta nel fallimento della società odierna, e non vi sia ragione perchè essa debba diversamente albergare in un "mondo a parte".

E' così che la figura del Mediatore si fa sempre più strada, anch'essa del tutto soggetta ai limiti di cui sopra, ma profondamente differente nei compiti e nella missione.

Il Mediatore non "decide", non "dirige", non determina nulla ma semplicemente favorisce l'ascolto, non giudica, accoglie tutti e facilita un eventuale accordo condiviso e saldamente nelle mani delle parti.

In Mediazione trova spazio ognuno e ogni controversia e il Mediatore non potrà mai travestirsi da "lupo" in un mondo parallelo alla Giustizia; nella peggiore delle ipotesi potrebbe anche essere una figura non carismatica e incapace, e la mediazione non avere efficacia, ma le parti possono scieglierne la sostituzione e, prima di tutto, le parti possono "scegliere" come vivere nello spazio di mediazione che diventa "loro!", e ne governeranno le sorti alla ricerca della maggior soddisfazione possibile.

Nella mediazione le parti esplorano il caos, si confrontano con le proprie emozioni e dialogano con se stessi e con il confliggente, e hanno l'opportunità di sentirsi attori del conflitto che terminologicamente deriva da cum-fligere, essere in opposizione "con", e quel "con" presuppone una relazione anche con se stessi, il proprio vissuto oltre che con l'altro.

E questa relazione non può esistere se "congelata" davanti ad un Giudice, e rischia di rimanere lontana da ogni possibile soluzione, mentre in mediazione rivive attraverso il caos e la crisi, per poi avere l'opportunità di evolvere verso una possibile soluzione che può sfociare in un accordo, ma che non centra tutto sull'accordo, ma sulla profondità delle ragioni del conflitto e delle sue implicazioni, che diventano esse stesse materia evolutiva nel conflitto e spesso possono offrire uno sguardo nuovo sulla relazione, lasciando spazio a quello che nella tragedia greca dettagliata nel metodo di Jacqueline Morineau può diventare una catarsi.

Dinamiche che appaiono lontane dalla realtà ma che la permeano nel profondo più di quando si possa immaginare, e che vengono accolte in ogni caso nel coflitto ma che si esprimono solo nella fase negativa che lo anima per l'icredulità delle parti coinvolte di quanto la mediazione possa fare per sciogliere i nodi di una benefica contrapposizione che da evento drammatico può diventare un dono e un presupposto per il cambiamento.

La Giustizia è espressione della società e se la società è in crisi la Giustizia non può non risentirne, e così arriva la Mediazione che raccoglie il caos ed i cocci di una società in affanno.

La Mediazione nasce con l'uomo e per l'uomo, la Giustizia nasce solo successivamente per dare una forma organica a delle necessarie regole con l'intento di farle rispettare, ma non si modella sull'uomo come accade con la mediazione.

 

Alfonso Lanfranconi