La mediazione civile e commerciale (mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali) è l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale (mediatore) e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia.
Con il decreto legislativo 28/2010 viene introdotto e regolamentato per la prima volta il nuovo istituto giuridico della mediazione civile e commerciale o semplicemente mediazione civile.
1. Premessa
La mediazione è procedimento stragiudiziale di risoluzione delle controversie. Si tratta di uno strumento ADR (Alternative Dispute Resolution).
È un percorso finalizzato all'eventuale raggiungimento di un accordo condiviso per la risoluzione o composizione di una controversia.
La mediazione ha una componente che nulla ha a che vedere con le scienze giuridiche: il percorso di mediazione è volto a trovare la miglior soluzione per risolvere una controversia non in base al diritto, ma tramite strumenti afferenti ad altri campi, in particolare afferenti alle scienze psicosociali. Si basa sulla ricerca delle reali ragioni ed interessi sottostanti al conflitto in un'ottica di raggiungimento di un accordo che le parti, con l'ausilio del mediatore, compongono attraverso una compiuta collaborazione e condivisione.
Tuttavia La mediazione può anche essere un vero e proprio istituto giuridico (quale unione organica di norme e principi, che disciplinano un fenomeno sociale), in quanto dotata di una propria disciplina e di un proprio procedimento (regolato dalla legge). Procedimento, volto – appunto – a risolvere liti civili o commerciali, all’interno del quale si compiono atti produttivi di effetti giuridici sostanziali (es.: l’efficacia giuridica dell’accordo raggiunto in mediazione) e processuali (rapporti tra procedimento di mediazione ed eventuale processo civile relativo alla medesima controversia).
Nell'ambito della mediazione civile, la norma definisce espressamente:
la mediazione: l'attività svolta da un terzo finalizzata alla ricerca di un accordo per la risoluzione di una controversia;
il mediatore: il soggetto qualificato e imparziale che svolge la mediazione;
la conciliazione: il semplice risultato positivo della mediazione;
l'organismo di mediazione: l'ente pubblico o privato (iscritto al registro degli organismi abilitati alla mediazione) presso il quale si svolge il procedimento.
Cosa non è la mediazione civile e commerciale:
La mediazione civile non è l'arbitrato perché il mediatore civile, a differenza dell'arbitro, non esprime un giudizio vincolante sulla questione. Il mediatore civile, quindi, non attribuisce torti e ragioni, ma aiuta le parti ad individuare una possibile soluzione per risolvere la controversia bonariamente.
La mediazione civile non è la conciliazione perché il termine conciliazione identifica altri istituti giuridici, i quali ben poco hanno in comune con la mediazione civile e commerciale. Ad es. la conciliazione societaria, la conciliazione penale, la conciliazione del lavoro, la conciliazione presso i Corecom, ecc.
La mediazione civile non è "conciliazione obbligatoria" innanzitutto, perchè il ricorso alla mediazione civile è obbligatorio soltanto per alcune materie ben determinate; in tutti gli altri casi rimane facoltativo. Inoltre, perché le norme sulla mediazione civile utilizzano espressamente il termine conciliazione per indicare solamente il risultato positivo della mediazione; risultato, quindi, che (per quanto auspicabile) è soltanto possibile, ma non certamente obbligatorio.
La mediazione civile non è "mediaconciliazione" perché il termine mediaconciliazione, oltre ad essere sconosciuto a qualsiasi norma, risulta comunque fuorviante e privo di attinenza. Anche perché il prefisso "media-" riguarda prevalentemente il mondo dei mezzi e delle aziende di (tele)comunicazione, ma non quello del diritto. Es. (mass)media, mediateca, ma anche Mediaset, Mediaworld, ecc.
2. Conflitto e ripristino della comunicazione
Come detto, la mediazione è procedimento stragiudiziale di risoluzione delle controversie.
Prima di parlare di controversia (in senso giuridico) si deve parlare però di conflitto, inteso quale crisi nella comunicazione tra due o più soggetti da cui si origina la controversia.
Il percorso di mediazione, che può portare alla composizione della controversia, è quindi innanzitutto un percorso di riattivazione della comunicazione tra le parti, percorso nel quale le parti sono aiutate dal mediatore.
3. Il mediatore
Il mediatore è soggetto terzo che non ha intrattenuto alcun rapporto con le parti e che svolge la mediazione con l’obiettivo, senza rendere giudizi o prendere decisioni vincolanti per le parti, di aiutare le stesse nella ricerca di un possibile accordo conciliativo il più possibile condiviso..
4. Dalle posizioni agli interessi
In una controversia, infatti, i soggetti in conflitto avanzano le proprie rispettive richieste, ponendo l’attenzione sulle ragioni della controversia attraverso le pretese giuridiche vantate.
Il percorso atto a recuperare la comunicazione tra le parti, invece, permette l’emersione dei reali interessi sottesi alla lite: il primo passo è rendersi conto di ciò che realmente la parte vuole, il che è diverso, in particolare, da quanto si chiede solitamente alla propria controparte o da quanto si ritiene possibile ottenere con una causa in tribunale.
Il percorso di mediazione è quindi innanzitutto volto a focalizzare l’attenzione non più sulle posizioni vantate, ma sui propri interessi reali (di cui a volte nemmeno ci si rende effettivamente conto e che non potrebbero nemmeno essere considerati in un’aula di tribunale).
In tale processo le parti sono aiutate dal mediatore, che le assistite in detta attività.
5. Centralità delle parti e soluzioni creative
Tale attività, grazie alle competenze del mediatore, diviene ascolto e dialogo tra le parti.
Il focus della discussione si sposta quindi sul futuro, sulla soluzione del problema.
Si genera, quindi, un ampliamento dell’oggetto della controversia; la quale, quindi, può per questa via avere soluzioni conciliative – per così dire – creative: specifiche, personalizzate, potenzialmente infinite.
Nella mediazione, quindi, la controversia non viene vissuta attraverso la netta demarcazione tra torti e ragioni, né vi è una decisione sulla lite imposta da un terzo (giudice, arbitro, etc.); l’accordo conciliativo non è raggiunto tramite l’applicazione delle norme giuridiche, l’accordo conciliativo non nemmeno è il risultato di reciproche concessioni sulle originarie posizioni giuridiche (transazione, negoziazione); esso, invece, risponde ai reali interessi delle parti che, quindi, possono, per questa via, trarre il maggior beneficio possibile dall’accordo che eventualmente raggiungeranno, accordo dotato, pertanto, anche di una potenziale maggiore stabilità nel tempo.
Tale percorso vede quindi come vere protagoniste "le parti".
Al centro vi sono i confliggenti, non gli avvocati (che possono/devono avere un ruolo di assistenza e tutela dei propri assistiti); non il mediatore (che non ha potere di rendere giudizi e decisioni vincolanti, il cui ruolo è facilitare le parti nel processo di ripristino della comunicazione, superamento delle rispettive posizioni giuridiche, emersione dei reali interessi sottesi alla lite, ascolto, dialogo, ideazione della soluzione e raggiungimento dell’eventuale accordo conciliativo).
6. Le quattro ipotesi di mediazione: obbligatoria, demandata, concordata, volontaria
Il vigente D.lgs. 28/2010 (con le successive modifiche) prevede quattro ipotesi di mediazione:
- mediazione facoltativa (o volontaria): ipotesi in cui non è previsto alcun obbligo per le parti di svolgere il procedimento di mediazione (possibilità per le parti di qualunque controversia civile o commerciale di accedere al procedimento di mediazione e di abbandonarlo quando e se lo riterranno opportuno);
- mediazione c.d. obbligatoria (ex lege): ipotesi in cui le parti sono obbligate, prima di rivolgersi al giudice, ad esperire (a pena di improcedibilità della domanda) il procedimento di mediazione come disciplinato dalla novella normativa in parola; ciò per le controversie vertenti nelle materie seguenti:
- condominio
- diritti reali
- divisione
- successioni ereditarie
- patti di famiglia
- locazione
- comodato
- affitto di aziende
- risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità
- contratti assicurativi, bancari e finanziari
- mediazione delegata (o demandata): ipotesi in cui le parti, nell’ambito di un processo, sono inviate dal giudice a tentare il procedimento di mediazione; anche in questo la mediazione è condizione di procedibilità della domanda;
- mediazione concordata (o consensuale): ipotesi in cui un contratto (o uno statuto ovvero un atto costitutivo di un ente) prevede una clausola di mediazione o conciliazione (con cui le parti si impegnano, nel caso dovesse al riguardo sorgere una controversia, ad esperire procedimento di mediazione prima di rivolgersi al giudice o ad un arbitro).
7. I principi generali del procedimento di mediazione
- Libertà della forma e elasticità del procedimento. In coerenza con la natura dell’istituto, è previsto che “gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità”, tale scelta appare del tutto coerente con la finalità e la natura dell’istituto. Tuttavia, è bene tenere presente i riferimenti normativi nel rispetto di alcuni criteri formali, specie in merito all’omologazione del verbale di accordo conciliativo, nonché le specifiche disposizioni previste in caso di mediazione obbligatoria (es. assistenza tecnica). Tali disposizioni, seppur inseriscono indiscutibilmente elementi formalistici alla mediazione, in alcune ipotesi conferendo all’istituto – per certi aspetti – un carattere molto simile a quello dei procedimenti giurisdizionali, paiono volti ad inferire, in realtà, non tanto sull’effettivo svolgimento della mediazione, quanto su quegli aspetti procedimentali più direttamente connessi al rapporto tra procedimento di mediazione ed eventuale processo civile; all’obiettivo di prevedere un livello minimo di formalità procedimentale utile alle necessarie garanzie da assicurare alle parti, nonché ad identificare un livello minimo di uniformità nello svolgimento del servizio di mediazione.
- Al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell'organismo scelto dalle parti.
- Riservatezza: c.d. esterna: per le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite durante il procedimento di mediazione sussiste; l’obbligo di riservatezza rispetto gravante su chiunque presta la propria opera nell’ambito del procedimento stesso; il divieto di utilizzazione in giudizio; il mediatore non può essere tenuto a deporre sul loro contenuto; il divieto, salvo diverso accordo delle parti, che la proposta di accordo conciliativo vi contenga riferimenti.
- Riservatezza c.d. interna: rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti.
- Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi (termine ordinatorio) derogabile congiuntamente dalle parti.
- E' obbligatoria l'assistenza del legale salvo che la parte non sia qualificato "consumatore".