Cosa me ne frega della mediazione...

Dall'esordio della conciliazione poi mediazione, attraverso il famigerato "decreto 28 del 2010", l'istituto è passato attraverso numerosi ostacoli, ostacoli che ne hanno cambiato il volto ma non quel senso di diffidenza che ancora aleggia nell'aria quando mi siedo al tavolo in quello che oggi è "il primo incontro".

E' un momento magmatico dove regna l'immaginazione e l'improvvisazione figlia dell'incapacità del legislatore di coniugare tutti gli interessi delle parti coinvolte in questo processo difficile da fermare, ma allo stesso tempo ancora per molti difficile da digerire. 

Mi siedo per l'ennesima sessione di primo incontro dove compare la parte istante, mentre la parte convenuta non è presente ma interverrà in videoconferenza.

Tralascio qualsiasi considerazione "procedurale" perchè ho scelto volutamente di prenderne le distanze, essendo ormai la quasi totalità dei discorsi che si affrontano in sede di mediazione e che cozza violentemente contro la mia formazione che era ed è improntata alla conoscenza della vera essenza della mediazione, di quella cassetta degli attrezzi che chi ha seguito un corso di mediazione conosce come scevra da ogni norma e giurisprudenza ma ricolma di strumenti per accompagnare le parti verso il raggiungimento del proprio obiettivo ossia un accordo il più efficiente e condiviso possibile, insomma ciò che non potrà mai avvenire in Tribunale.

Nell'argomentare con la parte convenuta in relazione alle modalità di partecipazione all'incontro "a distanza" l'Avvocato del cliente (un istituto di credito) mi comunica quanto segue:

"Le confermo che siamo soliti risolvere questo tipo di controversie in via stragiudiziale, quindi Le comunico che ho mandato di NON entrare in mediazione e successivamente sentiremo la parte istante per lavorare alla ricerca di un accordo".

Ormai sono abbastanza abituato a cogliere l'assoluto disprezzo e diffidenza verso l'istituto della mediazione, tuttavia quello al quale non riesco ad abituarmi è la mancanza di rispetto da parte di certi professionisti verso l'attività svolta dai mediatori; mi chiedo se sia necessario rendere palese la propria volontà di "scavalcare" l'istituto, non importa se ciò dipende dalla mancata conoscenza dello strumento, cosa più frequente di quanto si immagini, oppure dalla semplice riluttanza, ciò non toglie che se ci fosse almeno quel rispetto che ognuno di noi si aspetta dall'altro la relazione sarebbe più costruttiva ed edificante.

Oggi sempre più il modo di dissentire non passa attraverso la considerazione del prossimo, sembra ormai assodato che se non si è in linea con il pensiero dell'altro si possono liberamente abbattere tutte le frontiere della relazione lasciando aperto ogni varco dal quale fare passare ogni azione possibile senza filtro; eppure rimango della convinzione che basterebbe chiedersi come ci si sentirebbe se qualcuno facesse lo stesso con noi.

Allora ben venga la critica, ben venga la contrarietà verso l'istituto ma che tale azione sia finalizzata al miglioramento dello stesso, al coinvolgimento di tutti in un processo che possa dare lustro ad una modalità di risolvere le controversie che, per chi ancora non lo sapesse, permea la nostra società da secoli e che è più diffusa di quanto possiamo credere e che merita almeno di essere conosciuta, approfondita, considerata, studiata e, perchè no, migliorata.

 

Riporto alcuni frammenti di esperienze vissute in mediazione in ordine sparso:

di fronte al sottoscritto una parte interroga l'altra prima di firmare l'accordo dichiarando apertamente: "perchè non firmiamo l'accordo dopo avere fatto verbale negativo così risparmiamo i soldi della mediazione?" dopo che in "un'ora" si era giunti ad un accordo (valore più di 2 milioni di euro) che per essere firmato doveva passare dall'autorizzazione del Giudice Delegato essendo una parte una procedura fallimentare;

"mediatore, parte convenuta è disponibile ad entrare in mediazione (questa volta "il buono" è il tanto vituperato istituto di credito), possiamo però chiederle di avere un rinvio per decidere se i miei clienti (parte istante!) sono disponibili ad entrare in mediazione?"

"mediatore, noi (parte istante e convenuta) non siamo disponibili ad entrare in mediazione però, dopo aver firmato il verbale di mancata mediazione, le chiedo se può lasciarci soli per discutere e vedere se possiamo trovare un accordo"

"mediatore lei deve verbalizzare quello che le ordino io"

in una mediazione il legale rappresentante della parte convenuta (qui sì un istituto di credito) ha sfoderato il proprio notebook con il quale si è messo a rispondere alla posta elettronica (rivolto verso il mediatore) mentre il sottoscritto faceva il discorso introduttivo, limitandosi a dire che attendeva il verbale negativo

"mediatore, il mio cliente (parte convenuta) è disponibile ad entrare in mediazione a una condizione: che riceva tutto quanto richiesto, senza se e senza ma" 

Naturalmente chi scrive è un mediatore pronto ad accettare qualsivoglia rilievo anche sull'operato dei mediatori e del sottoscritto, impegnandomi a farne tesoro per contribuire a migliore questa modalità "alternativa" di risolvere le controversie.