La nomina di Marta Cartabia come Ministro di Giustizia del Governo di Mario Draghi è una buona notizia.
Marta Cartabia ha scritto un libro con Adolfo Ceretti, "un'altra storia inizia qui", uno dei più illuminati criminologi italiani ma anche un discepolo di Jacqueline Morineau
Marta Cartabia ha scritto un libro con Adolfo Ceretti, "un'altra storia inizia qui", uno dei più illuminati criminologi italiani ma anche un discepolo di Jacqueline Morineau che conosce bene la Giustizia Riparativa (o ristorativa volendo fare una traduzione corretta dall'inglese "Restorative Justice") e la Mediazione Penale che tanti risultati positivi ha alle spalle in numerosi progetti che in Italia hanno dato prova che esiste anche la possibilità di non limitarsi a gettare il reo in gatta buia attuando quello che non può che essere un principio di umanità di dare a tutti la possibilità di accogliere il disordine del proprio essere e provare a cambiare e a fare tesoro dei propri errorii.
Si pensa che a atle pratica sia deputato solo "il ladro di merende" quando invece la sua applicazione è stata fatta su casi ben più gravi come ben documentato ne, sempre di Adolfo Ceretti "Il libro dell'incontro"; i risultati sono del tutto eclatanti restituendo una recidiva dei carcerati che hanno partecipato al progetto nell'ordine del "solo" 20% rispetto alla possibilità che venga commesso nuovamente un reato che con la sola detenzione sale all'80%.
Non volendo entrare nella bontà della scelta di un Presidente del Consiglio come Mario Draghi e nella maggioranza che ha votato la sua fiducia in tempo di pandemia, tale scelta appare del tutto in discontinuità anche con quella del suo predecessore che aveva individuato il Alfonso Bonafede una figura che sicuramente non aveva neppure una minima parte di competenza di quella che può vantare Marta Cartabia.
Non rimane che attendere con grande fiducia per vedere quale sarà l'operato del nuovo Minstro nominato e la sua semnibilità per lo strumento della mediazione in tutte le sue declinazioni, che non può che essere uno dei perni per una giustizia più equa ma anche per finalmente aprire la strada ad un nuovo modo per intendere il conflitto, un nuovo modo per lavorare sulla soluzione delle controversie e ma anche per restituire dignità a coloro che sono coinvolti direttamente e che nella mediazione trovano accoglimento, ascolto e dove possono essere attori del cambiamento e ne possono uscire non solo, eventualmente, con un accordo, ma con uno sguardo diverso sul conflitto e su se stessi e acquisendo, con l'aiuto del mediatore, strumenti utili a migliorare la proria vita di relazione, lasciandosi alle spalle l'idea che il conflitto sia solo la contrapposizione tra soggetti che può essere solo risolta cercando in una sentenza la ragione di uno o dell'altro.
Che il viaggio abbia inizio e io voglio essere ottimista.
Alfonso Lanfranconi